“Sono finita in un libro strano. La trama appare semplice: una città x della Francia viene colpita dalla peste , vengono analizzate alcune reazioni che assumono i cittadini nei confronti di questa sciagura. Ho letto un passaggio in cui uno dei protagonisti comunica agli altri che, pur avendo la possibilità, non scapperà di nascosto ma resterà a dare una mano, perché ormai si sente parte della città.
Così mi è venuto un ragionamento: forse noi capiamo chi siamo solo dopo che facciamo delle scelte.
E ho pensato a me.
A quante persone conosco che rimandano a vita una scelta.
Ammetto che in questo, forse per nautura, forse per educazione, sono sempre stata piuttosto portata, nello scegliere dico. Non mi sono mai fatta troppi problemi, ho sempre detto, nel male e nel bene, la mia.
Ma mi chiedo: se mi trovassi in una situazione davvero estrema? Sarei così fredda?
Per esempio, no, nella parte del bambino contagiato, hai presente?”
Penelope fa cenno di sì con la testa.
“I protagonisti lo assistono inermi fino a che non muore. Nel libro si descrivono le contraddittorietà della gente: la peste invade ogni cosa eppure ristoranti, teatri d’opera continuano. Ci abituiamo a tutto. La gente che aspetta che qualcosa accada, che lascia la scelta del proprio futuro in mano al nulla, che si arrende o che nonostante tutto lotta. E’ come adesso no? Abbiamo la guerra dall’altra parte del mare e ci preoccupiamo che manchino quindici settimane a natale!”
La vecchia gatta chiude gli occhi e sorride. E’ un suo rituale, lo fa sempre prima di prendere parola.
” Sopravvivenza” dice ” L’uomo nelle sue contraddizioni è una delle specie che più si sa adattare agli imprevisti della vita. Forse anche perché riesce conviverci o a dimenticare. Ciò non è sempre un bene, certo: quanti errori nella Storia si ripetono e si ripeteranno perché si dimentica quello che è già successo in passato? Eppure trovo molto commuovente l’istinto che hanno le persone, anche dopo terremoti, inondazioni, guerre, di…ricostruire. Sì, di ricostruire.”
Appoggia la tazza soddisfatta di aver trovato la suo nuova parola ad effetto.
“Vuoi dell’ altro the?” mi fa.