Non ho mai avuto nulla da dire sulla cucina di mia madre. Anzi. E’ sempre stata ottima.
La sua filosofia è ” meglio in più che in meno”. Filosofia che condivido, soprattutto quando ho ospiti a cena, ma oggi ha davvero esagerato: dieci antipasti, tre primi, tre secondi, tremila contorni.
Così, pesante e grassa, sono entrata da Penelope.
“Ti prego, dimmi che hai qualche tisana digestiva che sto scoppiando”.
Mi sono seduta sul solito bancone di legno, sbottonandomi i jeans.
Non solo pesante, non solo grassa, pure rozza.
Se mi vedesse mia madre, si imbarazzerebbe. Penserebbe subito di aver fatto qualche errore educativo.
E avrebbe ragione.
Ecco che una tazza fumante di tisana al finocchio distrae i miei pensieri.
Qualche sorso e riprendo a respirare (cosa che fino a prima eseguivo con difficoltà a causa della pienezza di panza).
Penelope si siede di fronte a me, sistemandosi sulla sedia. Noto che sotto il braccio ha un libro arancione.
Lo indico. Me lo mostra ghignando: LA CUCINA COLOR ZAFFERANO. Yasmin Crowther.
“Oh no, spero non sia sia un libro sul cibo!”
Lei scoppia a ridere. Poi si fa di colpo seria e mi dice:
“Quando sono andata in Calabria, sono capitata in un paesino stupendo. Decido di fare una passeggiata. Camminando per le strade, mi imbatto in una festa, forse una comunione. C’è gente che mangia, beve, ride, balla, batte le mani. I colori e i profumi sono meravigliosi. Resto incantata a osservarli finché un vecchio si accorge di me e, facendo grandi segni, mi invita ad entrare. Stavo per ringraziarlo rifiutando l’offerta quando una ragazza si avvicina e mi sussurra all’orecchio: xenìa. In greco antico significa “ospitalità”. Così l’ho ringraziata e sono entrata a festeggiare con loro. Ogni paese ha le sue tradizioni, non sempre comprensibili, questo è il bello. Chi viaggia costretto dagli eventi, può lasciare dietro di sé ogni cosa, arrivare in un posto in cui tutto è talmente diverso da non capire più chi è. Qui si parla di questo. E la cosa più interessante è che capita a una madre. Una signora. Con famiglia, nipoti, un marito che la ama e la rispetta. Eppure sembra aver perso l’orientamento. L’unico modo per recuperare la sua essenza è ripercorrere la strada che tanti anni fa ha fatto, scappando da Teheran. Il cibo è ciò che siamo e come lo cuciniamo, lo lavoriamo, ci identifica. Ci lega ad un passato che non è solo nostro ma le tradizioni, come le spezie, vanno dosate.”
Questa donna ha la capacità di partire da una cosa per arrivare dove vuole lei. Potrebbe fare la politica.
Glielo dico. Penelope ride e nel mentre appoggia il libro sulla mia borsa.
Me lo leggo e poi quasi quasi lo presto a mia madre…